È primavera. È la stagione del risveglio e degli alberi impollinati dagli insetti. I profumi primaverili saranno filtrati, andremo in giro mascherati per il nuovo carnevale di maggio. La carne ritornerà in un respiro, riaffiorerà dopo essersi nascosta nelle case e nei condomini. Saremo il corpo che abbiamo scoperto e la relazione intima che abbiamo avuto con noi stessi. Perché ipotizzare di essere traditi dal respiro è la forma più alta di spavento. È parte più attraente e, divertente, per tornare a sentirsi vivi. È nel respirare che viviamo. È nel fremito dell’aria che il corpo torna ad essere vivo. La bioenergetica suggerisce che il respiro è la cura e il sintomo. 

Abbiamo protetto il nostro respiro rintanandoci dentro le abitazioni. Ci siamo trasformati in animali letargici che attendono il ritorno di un nuovo giorno. 

Usciamo fuori dalle nostre tane, mentre tutto intorno fiorisce, in questo moto che riparte, in noi scopriamo il tempo della pazienza e dell’attesa. Siamo rimasti fermi e torniamo a muoverci, lentamente. 

Abbiamo conosciuto il tempo dell’attesa nelle file ordinate fuori dai supermercati. Nelle giornate infinite che scorrevano lente come se il tempo si fosse fermato. Ancora oggi aspettiamo prima di prendere il gelato. L’attesa è diventata anticamera del diritto di vivere. Siamo pazienti nel numero che aspettiamo e rintontiamo come campane quando è il nostro turno per chiedere cosa vogliamo. Siamo clessidre di un tempo veloce che è andato. Siamo tornati indietro a quando non esistevano orologi che contavano i battiti e i passi. 

Nella solitudine abbiamo chiuso il tempo dentro una clessidra e la sabbia del vetro lavorato ha lasciato senza ombre la sostanza. Intanto, granelli sottili scivolano lenti per obbedire alla gravita che li attira. Siamo tornati indietro, a ritrovare il tempo interiore fatto di infinito e confini privati. Il tempo si è fermato in battere e ora torna lentamente a volare. È quiete e risveglio. Pace, turbamento e armonia. È un mix di cose lasciate e di altre ritrovate. È l’essenziale messo in risalto. Siamo tutti dei danzatori dervisci. Ruotiamo e giriamo intorno allo stesso punto, muoviamo i passi prestando attenzione a non tirare i sassi, stiamo attenti con lo scopo di allontanare un virus  affinché diventi per se stesso mortale. Si gira intorno ad un ritmo che è preciso e lento. Ci muoviamo. Balliamo e con un mano tocchiamo il cielo mentre con l’altra accarezziamo la terra. Ruotiamo. 

La realtà che ci circonda ormai non è più muta ed è diventata un esercizio di pazienza costante. Allora perché non approfittarne per esercitarci alla calma? Perché non agire invece di subire, sentiamo il respiro che ci è tanto caro. Alleniamoci a sentire questo corpo che è vitale. No, non sarà una perdita di tempo stare in fila e sentire il vento in faccia o il sole riscaldarci. L’aria sarà filtrata e meno amare se torneremo ad amarla. Lasciamo che il respiro fluisca fino a raggiungere ogni parte del corpo. Esercitiamoci alla calma, alla pazienza e al sentire. Cogliamo il momento affinché le emozioni siano libere di parlare. Saranno dolci le note del perdersi per ritrovarsi a respirare.

Nel respiro, il tempo è la quiete

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